Specie di carpe: regina, a specchi, koi, amur – Pesca Fishing Shop
Specie di carpe: carpa regina, a specchi, koi, amur. Pesca e differenze sulle Cyprinus carpio e rubrofuscus. Consigli per pescare a carpfishing – PescaFishingShop.com
Tra tutte le specie di pesci d’acqua dolce, la carpa è una di quelle che maggiormente ha suscitato l’interesse dell’uomo fin dall’antichità, a scopo alimentare, ornamentale e alieutico. Una specie adattabile e resistente, presente ormai ovunque nel mondo, dai tropici ai circoli polari, che da un lato ha causato qualche problema ecologico e dall’altro ha appassionato milioni di pescatori sportivi. In questoarticolo conosceremo le caratteristiche biologiche di questo pesce che ci accompagna da millenni e le differenze tra le specie o tipi di carpe
Le specie delle carpe: biologia e curiosità su questo pesce
La carpa appartiene alla vastissima famiglia dei Ciprinidi. Anzi, è la famiglia che prende il nome proprio dal genere Cyprinus, al quale la carpa appartiene. Il genere Cyprinus comprende numerose specie, tutte più o meno simili alla carpa presente nelle nostre acque, ma solo la carpa comune riveste una particolare importanza per la pesca e l’acquacoltura fin dall’antichità, tanto in Europa come in Asia.
Specie di carpe, razze e mutazioni
Quella che un tempo era conosciuta generalmente come carpa comune, tuttavia, è stata oggi suddivisa in due specie diverse: quella occidentale (Cyprinus carpio), diffusa dal Danubio al Mar d’Aral, e quella orientale (Cyprinus rubrofuscus), diffusa in Asia orientale, tra il bacino dell’Amur, al confine tra Russia e Cina, e quello del Fiume Rosso, in Vietnam.In epoca moderna, la specie orientale è stata esportata ed allevata anche in paesi dell’est europeo, pertanto è assai probabile che molte popolazioni europee di carpe si siano ibridate con la specie proveniente dall’estremo oriente. Le cosiddette koi, ovvero le varietà ornamentali dai bellissimi colori, sono state selezionate per la priva volta in Cina, pertanto appare evidente come esse derivino dalla specie orientale, almeno prima di essere sottoposte a chissà quanti incroci e “rinsanguamenti” dopo essere state esportate ovunque in giro per il mondo. Un simile processo selettivo è avvenuto per le carpe a specchi, dotate di poche, grandi squame in aree circoscritte della pelle. La carpa a specchi deriva anch’essa da una mutazione rinvenibile occasionalmente in natura in diverse specie di ciprinidi. Quindi, a chi si stesse chiedendo se carpe a specchi, carpe rosse e compagnia esistano in natura, la risposta è sì, anche se l’introduzione di animali d’allevamento in acque libere ha fatto sì che i mutanti siano oggi molto più frequenti nelle popolazioni selvatiche di quanto avverrebbe spontaneamente.
Carpa comune o regina
Questa è la carpa più classica, anche se non autentica. La forma selvatica di carpa è la cosiddetta regina. Con questo nome si indica la forma originaria, dotata di squame su tutto il corpo, anche se le regine comunemente diffuse nelle nostre acque sono comunque pesci che discendono da esemplari allevati e selezionati in acquacoltura, quindi ben diverse dalle slanciate carpe selvatiche originarie dell’Europa orientale, che l’ittiologo cecoslovacco Eugene Balon descriveva come “torpedo-shaped” (letteralmente: “a forma di missile”). La carpa selvatica nativa è ormai scomparsa quasi ovunque, soppiantata da stock allevati, che mostrano per lo più la morfologia tozza e panciuta dei pesci “da carne”.
Carpa a specchi
Una varietà selezionata in acquacoltura. La carpa a specchi è la varietà più comune tra quelle selezionate in acquacoltura. L’unica differenza rispetto alla carpa regina è il fatto che le carpe a specchi sono portatrici di una mutazione genetica, riscontrabile talvolta anche in altri ciprinidi, per cui le squame sono poche, di grandi dimensioni e di forma irregolare, normalmente distribuite su aree circoscritte del corpo, lasciando ampie zone di pelle nuda. Se l’individuo è quasi del tutto prive di squame, si parla normalmente di carpa “cuoio”; se invece le squame sono disposte su file orizzontali, nella zona dorsale, mediana e ventrale, si parla appunto di carpa a file di squame.
Carpa koi
Un pesce dai colori mozzafiato! Anche in questo caso si tratta di un insieme di varietà selezionate in acquacoltura. Le stesse mutazioni, come il colore rosso-dorato, sono rinvenibili in tante altre specie di pesci, sia ciprinidi, come i classici carassi e tinche dorate, come anche di altre famiglie, come bass e persici. Un’altra mutazione molto comune tra le carpe da acquario è quella delle pinne a velo: tutte le pinne dell’animale sono estremamente sviluppate, conferendogli la tipica eleganza di questa varietà. Se in natura queste forme e colorazioni sono rarissime, in quanto espongono l’individuo portatore ad essere facilmente predato, ecco che l’azione selettiva degli allevatori ha “premiato” gli esemplari mutanti, ottenendo vere e proprie razze molto apprezzate dagli acquariofili.Le prime testimonianze di allevamento di koi risalgono alla Cina del V secolo a.C.; nei secoli successivi questa razza fu esportata in Giappone (koi in giapponese significa appunto “carpa”), dove furono selezionate numerose varietà dalle caratteristiche estetiche più varie, diffuse oggi negli acquari e nei laghetti di tutti i continenti, rappresentando talvolta una “colorata” sorpresa per il fortunato carpista che se la trovi attaccata all’amo.
Le carpe: Ambiente e alimentazione
Notoriamente, le carpe sono pesci decisamente limnofili, vale a dire che prediligono le acque ferme di laghi, stagni e invasi artificiali, oppure quelle lente del corso basso dei fiumi (vedi per esempio questo articolo sul carpfishing nel fiume Po). Secondo la zonazione ittica dei corsi d’acqua europei, la carpa predilige la cosiddetta “zona dell’abramide”; tuttavia, non essendo l’abramide, o brème, nativo delle acque italiane, nella nostra penisola si parla, in termini tecnici, di “zona dei ciprinidi a deposizione fitofila”, denominazione un po’ complicata che indica appunto quelle zone in cui si trovano i ciprinidi che prediligono deporre le uova sulla vegetazione acquatica, come la tinca, la scardola, il triotto, ed appunto la carpa, che tuttavia non è autoctona in Italia. Essa è presente anche nell’ultimo tratto dei corsi d’acqua, la cosiddetta zona dei mugilidi (cefali o muggini), tollerando anche un certo grado di salinità, al punto che, nei mari debolmente salmastri, come Mar Nero e Mar Caspio settentrionali, le carpe conducono una vita semi-anadroma, alimentandosi in acque “marine” per la maggior parte dell’anno e risalendo i fiumi per la riproduzione.
I sensi delle carpe
Le carpe cercano il cibo principalmente attraverso l’olfatto e il gusto, che sott’acqua sono la stessa cosa (il pesce “assaggia” l’acqua e gli oggetti) e si indicano genericamente con il nome di chemioricezione. La carpa percepisce gli odori/sapori attraverso i bottoni gustativi, strutture analoghe alle papille della nostra lingua, che sono disposte non solo dove ce le potremmo aspettare, vale a dire in bocca e sui quattro barbigli, ma anche in altre zone della superficie corporea. La carpa è dotata di una buona vista, anche se gli occhi sono un organo secondario per la ricerca del cibo, e servono principalmente per l’orientamento e l’individuazione dei propri simili e dei potenziali nemici. Come quasi tutti i pesci, la carpa è dotata dell’organo della linea laterale, ovvero un sistema di piccoli canali, situati sui fianchi e sul muso, che ospitano microstrutture capaci di percepire le vibrazioni a bassa frequenza, come quelle generate da altri pesci in movimento nelle vicinanze, oppure dall’animale stesso, riflesse dagli oggetti circostanti. In questo modo il pesce “vede” un’immagine “sonora” dell’ambiente circostante, un po’ come fanno i pipistrelli, azzardando un confronto. Questa capacità è senz’altro sfruttata dalle carpe per ottenere informazioni dall’ambiente circostante, in particolare in condizioni di scarsa visibilità, cioè con acque torbide oppure nelle ore notturne. Una caratteristica peculiare delle carpe, ed in generale dei cipriniformi e dei siluriformi, è la presenza di un apparato speciale per la percezione delle vibrazioni ad alta frequenza, ovvero suoni e rumori. Stiamo parlando dell’apparato di Weber, ovvero un complesso di ossicini, derivanti da costole modificate, situate dietro la testa, le quali mettono in comunicazione l’orecchio interno con la vescica natatoria, di modo che quest’ultima, agendo da cassa di risonanza, può trasmettere all’orecchio i suoni amplificati. Se vi capita di imbattervi in uno scheletro di carpa, soffermatevi ad osservarlo: noterete queste strane ossa che si trovano all’inizio della colonna vertebrale, e che non somigliano né a costole né a vertebre. Per finire, un’altra caratteristica di ciprinidi e pesci gatto è la cosiddetta “sostanza di allarme”: si tratta di un composto presente nella pelle di questi pesci, carpe comprese, il cui odore viene associato ad una situazione di pericolo: una carpa ferita da un predatore, come un uccello acquatico, rilascia in acqua la sostanza di allarme, seminando il... panico tra gli altri membri del branco!
Cosa mangiano le carpe?
La carpa è un pesce onnivoro, che si alimenta principalmente sul fondo. È dotata infatti di bocca infera, cioè che si apre verso il basso. È un pesce grufolatore, vale a dire che si nutre aspirando il sedimento, trattenendo tutto ciò che vi si trova di commestibile e risputando ciò che non lo è. La dieta abituale è composta sia da materiale vegetale in decomposizione (detrito) che di invertebrati, principalmente larve di insetti (ditteri), anellidi, molluschi (chiocciole e bivalvi) e crostacei (come ad esempio i gammaridi). I giovani esemplari (fino a 30 cm di lunghezza) sono capaci di nutrirsi anche di plancton di dimensioni relativamente grandi (più di 0,25 mm), come piccoli crostacei ed alghe, filtrandoli dall’acqua per mezzo delle branchiospine. Crescendo, queste ultime si diradano e questa funzione viene meno. Le piante vive rappresentano una componente minore nella dieta delle carpe. Ciò non toglie che una densità eccessiva di carpe in un lago o fiume possa creare danni alla vegetazione acquatica, a causa dell’azione di grufolamento che porta allo sradicamento delle piante.
Potrebbero servirti canne da carpfishing, consulta quelle che abbiamo selezionato per te su Pesca Fishing Shop.
Crescita e malattie delle carpe
Tra le patologie tipiche della carpa, la viremia primaverile è probabilmente la più nota ai pescatori sportivi e la più temuta dagli allevatori. Come dice il nome, questa malattia è di origine virale, ed è causata dal Rhabdovirus carpio, un patogeno che colpisce, seppur con minor frequenza, anche altre specie di ciprinidi, oltre a siluri e lucci.
La viremia primaverile della carpa
La viremia è una patologia temibile, dato che può generare vere e proprie epidemie nelle popolazioni di carpe, in particolare quelle molto dense. Si manifesta principalmente in primavera, in quanto la proliferazione del virus è favorita dalle variazioni delle temperature ambientali, che sono più marcate in questa stagione. I sintomi della viremia primaverile sono svariati, ed includono difficoltà nel nuoto e nel mantenere l’equilibrio, emorragie e gonfiori esterni ed interni. Mediamente, la malattia è letale per il 30% degli individui infettati. Il problema è che quelli che sopravvivono rimangono portatori del virus e possono portare a nuove epidemie. Cosa possiamo fare noi pescatori per limitare il rischio di trasmettere il virus? Anzitutto dobbiamo disinfettare il nostro materiale da pesca usato, prima di introdurlo in un nuovo lago o corso d’acqua. Secondo, bisogna sempre tenere a mente che traslocare i pesci da un luogo ad un altro, oltre ad essere un’operazione illegale in acque pubbliche senza le dovute autorizzazioni, è sempre un’operazione a rischio di diffusione di patogeni. Le ben note carpe “volanti” avranno anche le ali (si fa per dire), ma non sono certo immuni alle infezioni.
Riproduzione ed accrescimento della carpa
Il periodo di frega per le carpe è quello tipico per gli altri ciprinidi, tra maggio e giugno, con variazioni dipendenti da latitudine, altitudine, temperature stagionali ed altri fattori ambientali che sono sempre causa di una certa variabilità. Il periodo riproduttivo dei pesci, in generale, va considerato sempre come un picco principale in cui va in frega la maggior parte degli individui di una popolazione, ma ciò non significa che non si possano trovare singole carpe piene di uova in momenti diversi, ad esempio in piena estate o alla fine dell’inverno. I maschi in genere hanno un periodo fertile stagionale più lungo delle femmine, essendo la produzione di sperma meno dispendiosa di quella di uova. La fecondità di questa specie è altissima: ogni carpa femmina produce mediamente 150000 uova per kg di peso corporeo. Gli ovari delle femmine, nel periodo riproduttivo, possono costituire fino ad un terzo del peso totale dell’animale. Le uova vengono deposte in più volte, a distanza di circa una settimana tra una deposizione e l’altra. La deposizione avviene generalmente in acque basse. Le uova aderiscono alla vegetazione acquatica o ad altri ostacoli sommersi. La schiusa avviene nel giro di una settimana. Le larve rimangono attaccate al substrato un paio di giorni, prima di iniziare a nuotare liberamente. In natura la maturità sessuale, è raggiunta normalmente al terzo anno di vita nei maschi, e tra il quarto ed il quinto nelle femmine. Mediamente, in natura un esemplare di 500 grammi può avere circa 3 anni di età, ed uno di circa 2 kg può avere circa 5 anni. In acquacoltura l’accrescimento è più rapido. Le dimensioni massime raggiunte possono superare il metro di lunghezza ed i 30 kg di peso. Gli esemplari più grandi sono generalmente femmine.
L’amur o carpa erbivora
Nonostante il nome comune di carpa erbivora, l’amur (Ctenopharingodon idella) è un ciprinide che con le carpe ha ben poco a che fare. Originario dell’Asia orientale, prende il nome proprio da un importante bacino che si estende sui territori di Cina, Russia e Mongolia, l’Amur, appunto. Il suo areale si estende a sud fino al Fiume Azzurro, in Cina. L’amur è stato introdotto ed allevato in molti paesi di Europa, Asia e Nord America. L’introduzione in acque libere è iniziata soprattutto per limitare crescita delle piante acquatiche, che rappresentano il cibo principale di questa specie, capace di consumarne quotidianamente grandi quantità. Questo tipo di lotta biologica è spesso molto efficace, talvolta anche troppo, arrivando a mettere in pericolo la sopravvivenza di alcune specie rare di piante acquatiche, nonché delle altre specie ittiche che necessitano ambienti ricchi di vegetazione. L’amur può raggiungere il metro e venti di lunghezza per oltre 30 kg di peso, ed una femmina di dimensioni medie produce circa 1,5 milioni di uova. Questa specie ha formato popolazioni riproduttive nel Nord America, ma fino ad oggi non si hanno notizie di eventi riproduttivi andati a buon fine in Europa. Il motivo è probabilmente da ricercarsi nella particolare biologia riproduttiva di questo affascinante ciprinide: nel periodo della frega, gli esemplari adulti compiono una migrazione lungo i grandi fiumi delle loro terre d’origine. Le uova, a differenza di quelle dei pesci d’acqua dolce nostrani, sono pelagiche, quindi galleggiano anziché affondare, e vengono trasportate dalla corrente per due-tre giorni prima di schiudersi. In corsi d’acqua troppo brevi, oppure interrotti da dighe o altri sbarramenti, le uova si vengono a trovare in ambienti sfavorevoli prima di avere il tempo di schiudersi, e lo sviluppo degli embrioni si arresta. I fiumi Europei sono generalmente meno lunghi e incontaminati di certi grandi bacini asiatici ed americani, ed è probabilmente per questo che l’Amur non si è ancora acclimatato nelle nostre acque.