Pesca alla carpa nel Grande fiume Po – Pesca Fishing Shop

Agostino Zurma è uno dei più grandi esperti del Grande Fiume Po. Da buon carpista delle vecchia scuola, però, ama le nuove sfide, soprattutto quelle che lo portano a pesca di carpe lontano dal suo territorio natio. Facciamoci prendere per mano in questa bella avventura nel Piacentino e ascoltiamo le dritte del “maestro del Po”

Le mie orecchie ormai conoscono bene quel segnale: il particolare suono del mio cellulare mi avverte dell’arrivo di un messaggio. Una sbirciatina veloce e vedo che si tratta di Andrea, un iscritto della sede di Piacenza, componente del direttivo del Grisù Carp Team.

Incuriosito, accosto l’auto (mai distrarsi mentre si è alla guida!) per leggere: “Ciao Agostino, che ne dici di una pescata dalle mie parti? Ovviamente, Grande Fiume…”. Esatto: è un invito per una pescata fuori dal mio territorio. Fantastico! “Ci sto!”: mi bastano pochi secondi per rispondere positivamente a Agostino Zurma, proponendo una notte secca da farsi verso i primi di novembre. In seguito sarebbe stato impossibile perché sarei stato bloccato per motivi familiari.

Il periodo comunque lo considero ottimo, a meno che il Po non decida di diventare un involontario nemico con un’inaspettata ondata di piena. “Ci si sente per i dettagli”: la spedizione verso la futura sessione inizia così.

In viaggio!

 

Pesca alla carpa nel Grande fiume Po: i segreti per pescare a carpfishing nel Piacentino di Agostino Zurma, esperto carpista e presidente di CFI - PescaFishingShop.com

Pesca a carpfishing sul Po Piacentino Con Agostino ZurmaL’auto è carica dalla sera prima. Sarebbe il caso di dire “da alcune ore”, visto che sono le tre di notte. Faccio un ultimo passaggio mentale per verificare che tutto sia al proprio posto e si può partire, avrò davanti oltre due ore di strada per arrivare puntuale all’appuntamento. Grande Fiume, arrivo!

Dopo chilometri e chilometri, i fari dell’automobile incontrano l’insegna del distributore, punto prescelto per l’incontro. Un veloce saluto ad Andrea, alcuni minuti dedicati al caffè di rito in un bar a lui abituale, e poi si comincia davvero con questa avventura. In questo luogo “di pesca” si inizia subito a respirare aria di carpfishing, visto che numerosi clienti mattinieri commentano con Andrea la situazione del Po e le zone con maggiore attività.

Naturalmente, per ciascuno la propria idea è la migliore e quella che offre maggiori garanzie. Che mondo straordinario, il nostro! Seguo il mezzo del mio compagno di pesca, ci addentriamo in un sentiero fantastico: il passaggio è strettissimo, buche e dossi si alternano frequentemente, ramaglie e folti cespugli accarezzano le fiancate dell’auto i cui fari tagliano a fatica la fitta nebbia. Il cammino sembra non finire mai, continuiamo tra curve a gomito e strettoie tra gli alberi dei fitti pioppeti, piantagioni che ricoprono per intero l’area golenale, e all’improvviso la strada termina.

Siamo “approdati” al nostro Paradiso per due giorni.

 pesca alle carpe fiume po

Finalmente sul Fiume

Scendo dall’auto e, guidato da un’incontrollabile frenesia, mi precipito verso la riva del fiume: voglio respirarne tutti i profumi a pieni polmoni, desidero ascoltare i salti e le scodate delle grosse carpe nella speranza che siano lì ad attendermi.

La postazione è veramente speciale, fatta apposta per due carpisti: la distanza tra i pod è sufficiente per esercitare la pesca in modo corretto e nella massima espressione voluta.

Questo non risulta sempre possibile nella pesca in acqua corrente, dal momento che spazi ridotti e presenza di spot anonimi e senza particolari spunti significativi possono rendere difficile ottenere soddisfacenti risultati per il pescatore che cala le proprie lenze a monte.

Ma questo non è il nostro caso: i fondali del Grande Fiume presentano caratteristiche specifiche, sottolineate e confermate da un’accurata esplorazione. Un buon piombo lanciato in varie posizioni, il conteggio dei secondi necessari a raggiungere il fondo e il trascinarlo sul letto del fiume alla ricerca delle conformazioni del fondale: così disegniamo la mappa dell’alveo. 

Da un lato il Po mostra un fondale compatto, duro, con un cambio di livello marcato e capace di creare una sufficiente zona di profondità ridotta, area da sfruttare sicuramente. Il lato opposto offre uno scalino interessante e la possibilità di perlustrare una zona molto ampia, sfruttando il flusso favorevole della corrente.

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Potenti ma non troppo

La velocità della corrente non si avvicina minimamente a quella vorticosa e travolgente a cui sono abituato, il secchio colmo di grossi e pesanti sassi, che mi sono portato al seguito, in questo caso non sarà necessario.

A riposo anche le mie potenti cinque libbre, spazio alle più divertenti tre libbre e un quarto, capaci di fare assaporare maggiormente i combattimenti e le sfuriate delle “cazzute” (il termine, scusatemi, in questo caso ci sta proprio!) carpe del Po.

Scelgo un finale molto semplice, un KD rig innescato con esche di diametri forse non consoni alle acque del grande Fiume, ma nell’occasione efficacissime. In questo caso posso orientare la mia scelta su libbraggi più bassi del solito: anche per i terminali preferisco un trenta libbre, dalla lunghezza di circa trenta centimetri, collegato ad ami misura 2.

La madre lenza con un diametro di 0,40 millimetri garantisce sicurezza nel combattimento e adeguata resistenza anche nei confronti di eventuali ostacoli sul fondo, certamente non difficili da intercettare.

 carpfishing-rig-terminale-da-carpaLe nostre fidate esche da carpe

In questa “ventiquattro ore” mi sono affidato a esche ormai collaudate da tempo e con le quali ho abitualmente avuto ottimi risultati. Ho impiegato boilies Banana Orange e Chicken Chili dai diametri 14 e 20 millimetri.

La prima esca è sviluppata su un mix birdfood con farina di frutta e di agrumi: ad aumentarne la parte aromatica gustativa, betaina liquida e food amino.

La prima pallina ha due aromatizzazioni in perfetta combinazione: esteri al gusto banana e aroma arancio in olio.

La seconda boilie combina un ottimo mix liver con farina di pollo LT e predigerito di pollo, a seguire i più importanti additivi vedono l’utilizzo di estratto di chili, peperoncino, liver liquid, food amino. Aroma chicken chili e chili liquid. Una bomba…

 

All’arrembaggio!

Passata solo qualche ora, ancora la fitta nebbia non permette la vista dalla riva opposta, sebbene la larghezza del fiume, in quel punto, non è eccessiva.

I punti opzionati dove far arrivare le esche sono però ben fissati nella mia mente, le loro direzioni chiaramente definite. L’esatta distanza sarà garantita da un piccolo spezzone di magic marker verde annodato alla lenza madre. Atteggiamenti propri, questi, dell’abituale comportamento carpista: azioni testate e inserite nel DNA anzitempo e armonicamente aggregate. I tonfi delle zavorre da 160/200 grammi sulla superficie dell’acqua e il loro planare sul duro fondo del Grande Fiume mi trasmettono sicurezza. La loro immobilità sul fondale, scossa in modo impercettibile dalla corrente, mi consente di dire: “Signori, sono aperte le danze!”.

Carpa del fiume po


Niente al caso

Anche Andrea, dal canto suo, si accinge a collocare i terminali laddove la sua esperienza e la precisa preliminare esplorazione consigliano: accorto e sicuro nel gestire il lancio, attento nel mettere nella giusta tensione i bilancieri e nella adeguata posizione la frizione dei mulinelli. 

Nulla può e deve essere lasciato al caso quando si affronta una grande acqua come quella del Po! Un particolare non curato, una qualsiasi parte dell’attrezzatura non governata e preparata a dovere, la benché minima disattenzione si traduce quasi sempre nella perdita di una preda. E questo, se deve accadere, perché è nella natura delle cose che accada, deve farlo con il minor rischio possibile, e soprattutto con la più bassa possibilità. Ecco perché il primo consiglio che do a tutti è non lasciare niente al caso. Perché poi ce ne pentiamo, eccome se ce ne pentiamo…

Problemi da superare

Conoscere bene il Po significa affrontarlo a dovere. Tuttavia, non equivale a essere maghi o veggenti. Infatti, nel corso della sessione, le condizioni cambiano repentinamente. Ed è questo il bello: ti metti alla prova davanti a un fatto che non ti aspetti, così devi affrontarlo nel migliore dei modi cercando di uscirne vincitore. Succede che nel corso della sessione, per brevi periodi, la corrente inizia a trasportare una quantità esagerata di detriti, tra questi alghe sottilissime che avvolgono la lenza e paiono quasi in districabili.

Il recupero, quindi, è quasi impossibile a causa di questi ciuffi aggrappati alla lenza. Mi ritrovo ben presto a pulire il filo mentre recupero la canna, a raddoppiare la clip porta piombo e ovviamente la zavorra stessa, unendone due insieme con il nastro isolante. Di parastrappi, manco a parlarne: il problema non è risolto ma, quanto meno, sono in pesca.

Senza limiti

Ok i problemi, ma nessuno di noi poteva immaginare quello che di lì a poco sarebbe successo. A volte lo si pensa, lo si spera appassionatamente, lo si vede prendere forma solo nella pura, ma viva, immaginazione. È la natura del sogno. Un sogno meraviglioso dal quale mai si vorrebbe uscire. Incredibile la voglia di rimanere schiavi di quell’abbandono che ti stacca dalla realtà e ti manda nel mondo dell’inconscio. Ma questa volta no. Lo è. È davanti a me.

È tutto reale! 

I segnalatori iniziano a eseguire una splendida “musica”, suonano uno dopo l’altro alternandosi senza pause, come in un concerto eseguito in onore del maestoso fiume Po. Suono, ferrata, suono, ferrata. Ci gustiamo ogni colpo di canna, e poi con i successivi combattimenti manteniamo carico di adrenalina il nostro corpo. La sentiamo scorrere nelle vene, darci forze che non pensavamo di avere. Un meraviglioso tran tran. Dopo ogni combattimento decine di boilie volano in acqua, gli elastici della fionda chiedono pietà, sono indolenziti come le mie mani, le cui dita sono quasi intorpidite dalla fatica. Ma bisogna fare così: se vogliamo continuare a sognare, dobbiamo tenere il pesce in zona, e motivarlo quindi con dell’ottimo cibo che lo stimoli ad abboccare.

Una su tutte: lei

Le carpe sono tutte clamorosamente belle, e hanno anche una mole molto interessante. Quasi perdiamo il conto di quante ne abbiamo prese. Tuttavia, tra tutte, ne spicca sempre una. Lei, una carpa particolare di cui vi voglio parlare.

Perché il carpfishing non è solo risultato, è anche poesia. Una decisa partenza nella canna più esterna, quella rivolta a favore di corrente, sistemata a una apprezzabile distanza: la ferrata blocca il pesce per un attimo, poi la sua azione inesorabile inizia con una fuga veloce e decisa, ben indirizzata.

Lei sa bene dove andare, punta letteralmente verso la riva, contro le decine di tronchi e alberi caduti, proprio dove non voglio che vada. La forzo nel tentativo di bloccarla, ma è tutto inutile e riesco a guadagnare solo pochi metri.

Mi rimane un’unica scelta: mi dirigo velocemente verso di lei percorrendo la riva a larghi passi, necessari per superare tutti gli ostacoli presenti, ramaglie, tronchi, detriti; sprofondo nel fango, scivolo, ma riesco a tenere sempre la canna alta e la lenza bene in tensione.

Il mio attrezzo non deve intercettare nessuno di quegli ostacoli! Mi fermo, pratico una tensione maggiore alla lenza e sento che il pesce si è incagliato sul fondo, non si sposta di un millimetro. Probabilmente ha piantato la testa sotto lo scalino e di lì non la muoverò sicuramente. Unica cosa da fare è diminuire la tensione, permettere alla baffona di muoversi liberamente e riprendere così la corrente.

Agisco rapidamente e l’opzione funziona: la carpa si stacca dal fondo e riprendiamo, lei la sua corsa verso la riva e io a rincorrerla.

Dopo cinquanta metri in cui mi sono inoltrato nell’intricato ambiente, anche il pesce è stanco e la sua difesa sembra ridursi, ma… l’esperto rivale ha ancora in serbo una sorpresa.

A circa una trentina di metri da me si blocca nuovamente, un altro gradino è venuto in suo aiuto, devo rifare la stessa mossa di prima, lasciarlo andare. Ma il dubbio è forte, probabilmente il punto in cui l’amo ha forato la bocca della carpa si sarà allargato: lasciare la tensione potrebbe voler dire aiutarla a risputare l’uncino con maggiore facilità, ma non ho alternative, e da quella situazione di stallo non c’è alcun modo di spostarla. Apro l’archetto, la lenza piano piano si allenta e meravigliosamente, alcuni secondi dopo, il forte ciprinide riprende la sua corsa.

Ottimo, il pesce c’è ancora! Nel frattempo, riesce a giungere anche Andrea, che fa fatica a vedermi talmente sono infilato nel fitto bosco. Ci siamo, però: io continuo a lottare con quel magnifico pesce e lui, prontissimo, manovra con precisione la grande rete, la “prigione momentanea” che pone fine al combattimento.

È finita? Macché!

Quando i giochi sembrano fatti, c’è ancora un ultimo colpo di scena. La carpa ha comunque raggiunto il suo scopo e si è infilata sotto un grosso tronco, ficcando la lenza all’interno di una forcella formata da due grossi rami. Mi devo ancora spostare, avanzare nuovamente per aggirare la nuova difficoltà e portare poi il pesce verso di me. La manovra riesce perfettamente: alla fine possiamo intravederla, corta, massiccia, potente, una vera regina del Grande Fiume. La grossa testa lascia intravvedere la larga bocca che espelle generosi spruzzi d’acqua, come se ormai ammettesse la resa. Andrea deve entrare in acqua per riuscire a dare giusta conclusione al mio splendido combattimento: il pesce entra nel guadino simultaneamente al nostro grido di gioia e di vittoria. Ed è così che mi piace finire questo racconto dedicato al Po. Al mio Po.

Niente shock e snag leader: Il nodo è un appiglio “goloso” per alghe e detriti

 carpfishing-alghe-erbaiLa situazione della la lenza dopo il recupero: un distastro di alghe! I nodi tra lenza e shock leader non fanno altro che favorire questa situazione.

La pesca nel Grande Fiume è (giustamente) associata a lenze grosse e canne potenti. Tuttavia, è importante anche giocare d’astuzia e anticipare tutti i problemi che possono presentarsi. Come dico nel racconto, all’improvviso il fiume si riempie di detriti in sospensione che scendono verso valle impigliandosi sulle lenze. In particolare, questi detriti sono alghe filamentose in grado di aggrapparsi alla lenza con tenacia, rendendo quasi impossibile il recupero normale a causa del groppo che formano all’altezza dell’apicale. Di soluzioni drastiche non ce ne sono, tuttavia possiamo cercare di ridurre il problema. A partire dall’evitare di impiegare shock e snag leader. I parastrappi sono utili perché ci permettono di combattere le prede con più sicurezza in zone intricate e ricche di ostacoli, ma in questo caso sono deleteri perché il nodo che si crea tra le due lenze è un appiglio perfetto proprio per le fastidiose alghe. Quindi, al di là della pazienza nell’affrontare la situazione, il mio consiglio è quello di evitare di impiegare shock e snag leader, aumentando di un po’ il diametro della lenza madre.

Potenti ma non troppo: usiamo canne da 5 libbre solo se hanno effettiva utilità

Il tratto di fiume di cui parlo in questo articolo è diverso da quelli che affronto abitualmente. La corrente è meno forte, quindi non sono costretto a impiegare zavorre giganti (ricordate i sassi di cui vi ho parlato un paio di numeri fa?) o a portare i combattimenti al limite. In quel caso, canne da 5 libbre hanno senso. Qui, no. Preferisco usare attrezzi comunque potenti, da tre libbre e un quarto, che mi permettano però di avere un certo controllo sulle fughe del pesce, facendomi gustare anche le sue fughe. Quindi, potenti sì, ma quando serve. E lo stesso discorso va applicato ai terminali. In questa occasione piacentina ho usato un 30 libbre di finale con amo numero 2. Basta e avanza. Perché spesso non ci pensiamo ma… sapete quante sono 30 libbre? Tante, forse troppe, per quanto siano potenti le nostre amiche carpe…evitare di impiegare shock e snag leader, aumentando di un po’ il diametro della lenza madre.


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