Pescare dalla barca a Sanremo
Itinerario di pesca con consigli su bolentino, kabura con esca e tecniche verticali nelle acque liguri di Sanremo. Consigli, terminali, coordinate | Pesca Fishing Shop
Aprire le finestre e trovarsi di fronte un mare calmo che “specchia” il colore viola-arancio del cielo e che sembra non volersi schiarire. La luce fioca e l’assenza totale di vento sembrano suggerire che la notte ci ha fatto risvegliare in un posto diverso, dove non fiata nessuno, non vola una mosca e solo il rumore lontano di una moto ci “riporta alla realtà”: siamo a Sanremo e ci siamo venuti per una pescata dalla barca. Parleremo di barca ferma, con bolentino e tecniche verticali. Non che la traina qui non possa produrre grandi risultati, ma vogliamo approfondire bene le potenzialità del bolentino.
Itinerario di pesca Sanremese “a barca ferma”
Chiunque ami la pesca non può che essere stimolato da mattine come questa, con condizioni meteo che giustificano il fatto di saltare giù dal letto al primo suono della sveglia e, appena il tempo di un caffè, uscire di corsa per arrivare alla barca e caricare il più velocemente possibile canne, esche, la cassetta delle minuterie e… fare la conta di quello che potremmo esserci scordati: una volta in mezzo al mare, non c’è niente di più fastidioso di dover tirare su l’ancora e tornare prima del tempo per una stupida dimenticanza dettata dalla fretta. Nelle righe che seguono, lo scenario di questo insieme di emozioni ma anche operazioni pratiche e riflessioni tecniche. Sanremo è il punto di partenza e il tratto di mare antistante Arma di Taggia e Santo Stefano al Mare il “terreno di caccia”. E anche se la temperatura dell’alba ci ricorda che in fine febbraio (quando abbiamo scritto questo pezzo) siamo ancora lontani dall’estate, il mare calmo saprà darci come sempre la carica e renderci incuranti della difficoltà da sopportare. Il resto, poi… lo farà una buona giacca a vento, calda e comoda.
Pescare dalla barca a febbraio-marzo: un buon periodo per le tanute
Oltre a essere quella canonica per il Festival della Canzone Italiana e per i primi fiori della Riviera, la stagione in corso è anche quella migliore per belle uscite a bolentino nel mare davanti a Sanremo. Infatti, nonostante la tecnica possa essere praticata tutto l’anno, in questo periodo qualcosa di particolare c’è. L’incentivo, a volerlo chiamare così, sta nella massiccia presenza delle tanute. Per motivi legati alla riproduzione, questi pesci belli e combattivi si radunano in gran numero in corrispondenza di zone di fondale rocciose con forti dislivelli batimetrici. Il risultato pratico sarà quello che, proprio nei mesi di marzo e aprile, le nostre pescate di pagri, saraghi, sciarrani e tordi potranno essere arricchite anche da diversi esemplari di questa specie non così frequente. Quando le tanute ci sono, si vede subito: le vette delle canne si piegano a ripetizione e le frizioni girano parecchio. Come ogni pesce, però, anche la tanuta può essere ingannata solo in certi modi, montando calamenti che non siano fatti con un nylon spesso come quello che si usa per fare i palamiti (altra grande passione dei pescatori locali) e scegliendo gli inneschi da appuntare agli ami in funzione della taglia dei pesci che abbiamo capito trovarsi sotto la nostra barca in seguito alle prime abboccate.
I consigli di Pesca Fishing Shop per fare buoni carnieri
Ci vorranno un po’ di tecnica e di conoscenza dei fondali, e l’ancoraggio non dovrà mai essere scelto a casaccio. Nel tratto di mare che ci ospiterà in questauscita in barca, il fondale presenta numerose poste buone e scende anche oltre i 100 metri di profondità pure poco lontano dalla costa, lasciando spazio per pescare in modi diversi anche a chi ha una piccola barca: basta una lancia da 4 metri con un motore fuoribordo da 6 cavalli. Ora, però, la voglia di pesca si sarà fatta sentire, quindi basta con i preamboli e diamo inizio alla nostra battuta a bolentino.
Pesca dalla barca nel mare ligure
Per raggiungere la zona di pesca partendo da uno dei porti di Sanremo dobbiamo mettere in conto un discreto tragitto. Per prima cosa, però, precisiamo che abbiamo parlato di porti al plurale perché le cittadina dei fiori ha un grande fronte mare che raggruppa il Porto Pubblico e Portosele; la precisazione tuttavia non ha importanza pratica, perché l’imboccatura (d’ingresso e uscita) è la stessa per entrambi i bacini. Da Sanremo, quindi, mettiamo la prua in direzione est (o come si usa dire lungo la Riviera, “a levante”) e acceleriamo per un po’. La distanza da percorrere è di 6 miglia circa, tutte da fare parallele alla costa. Per chi avesse possibilità di partire dal più piccolo porto di Santo Stefano al Mare, il tragitto sarà molto più breve perché la zona di fondale che ci interessa si trova proprio davanti alla parte ovest del paese, più precisamente a metà stra da tra i centri abitati di Santo Stefano e di Arma di Taggia.
Uno spot di pesca preciso! Pesca Fishing Shop vi dà le coordinate
Nelle acque di questa zona, il fondale presenta una caratteristica unica: un pianoro di roccia si prolunga dal sottocosta in direzione del mare aperto per un miglio. Per intenderci, immaginiamo una zona rocciosa che si alza a una trentina di metri circa e che per forma sia l’equivalente del “dito della Corsica”, con le proporzioni in scala ridotta ovviamente, e che dalla costa punti dritto in mare aperto per un miglio circa. Tutte le cadute di roccia che si trovano intorno a questo pianoro sono ottime per calare le lenze e la particolare forma di questa zona di fondale permette di trovare sempre dei punti in cui la corrente è più o meno forte e, soprattutto, di cercare le prede a profondità diverse. Potremo praticare un bolentino classico sulla sommità del pianoro già a 6-700 metri dalla costa, con la possibilità di fare abbondanti carnieri di saraghi, oppure tentare gronghi e mostelle in corrispondenza delle cigliate più esterne, oltre i 100 metri di profondità. In quest’ultimo caso, però, la pesca inizia a diventare impegnativa e le braccia si affaticano parecchio, anche per via del peso della zavorra che, necessariamente, dovrà essere da 150 grammi in su.
Tutti a pesca di tanute!
Siccome il nostro obiettivo dichiarato, vista la stagione, è quello di catturare anche le tanute, sarà meglio non spingerci oltre i 70 metri di profondità e privilegiare le cadute batimetriche marcate ma che restano comunque vicine alla sommità del pianoro. Inutile dire che queste si possono trovare solo se si dispone di un ecoscandaglio, uno strumento che, anche quando non costa una fortuna, è sempre affidabile per valori di profondità tutto sommato modesti. Chi non lo avesse non deve disperare, perché la zona è molto vasta e un paio di cale “di prova” con la lenza innescata a volte bastano per trovare il punto buono per calare l’ancora. Per la gioia di chi, invece, è munito di Gps e ha la possibilità di andare in zona, diamo le coordinate precise di due ottime postazioni, rispettivamente sul versante ovest e su quello est della “penisola sommersa”. Il primo punto (che sulla cartina abbiamo indicato con la lettera A) si trova a latitudine 43°49.323 N e a longitudine 007°54.427 E. Si tratta di una caduta che passa rapidamente da 36 a 48 metri, disposta sul lato ovest del pianoro. Sul lato opposto sta il punto che sulla cartina abbiamo indicato con la lettera B: le sue coordinate sono latitudine 43°49.502 N e longitudine 007°54.682 E, mentre le profondità differiscono di pochissimo, solo un paio di metri in meno.
Terminali per la pesca a bolentino
Una volta che ci siamo fermati sul punto che crediamo ci possa dare delle soddisfazioni, apriamo le canne e colleghiamo le lenze. Ci serviranno attrezzi da 4 o 5 metri ad azione di punta e mulinelli di taglia compresa tra la 5.000 e la 7.000 (misure di riferimento classiche per questi strumenti). In bobina potranno esserci un nylon oppure un trecciato. Sceglieremo l’uno o l’altro a seconda della profondità e della corrente. In particolare, consigliamo di utilizzare il nylon solo per i fondali fino a 50 metri; scegliamo uno 0,30 millimetri. Con questa lenza madre potremo arrivare anche ai 70 metri solo se non ci sarà corrente, situazione molto rara. Il multifibra dovrà essere uno 0,15-0,20 millimetri, e lo preferiremo per le profondità superiori ai 50 metri oppure al di sotto di questo valore quando la corrente è sostenuta e non ci permette un buon controllo della lenza perché non le permette di restare in verticale.
Anche il piombo ha la sua importanza
Lo sceglieremo ancora una volta in funzione della corrente che “tira” al momento, comunque scegliendo tra 40 e 130 grammi, modelli che è sempre bene avere dentro la nostra cassetta della minuteria. Le esche che funzionano di più sono gamberi e calamari, anche se le sarde possono fruttare sempre qualche bel pesce. Scegliamo di realizzare gli inneschi a seconda della grandezza delle prede che pensiamo di catturare, quindi potremo innescare dei piccoli ca lamari interi da 5-8 centimetri su ami del numero 1, oppure tagliare in sottili striscioline il mantello di un calamaro più grande, per poi appuntarle più volte “a risalire” su un amo dell’8 o del 6. Invece il gambero va innescato sgusciato, confezionando bocconi più o meno grandi a seconda dell’amo, in modo da coprirlo del tutto. Il tipo di uncino non è fondamentale, nel senso che tanto i Crystal quanto gli Aberdeen (a curva tonda) sono in grado di farci allamare il pesce alla prima abboccata. L’importante è che gli ami siano sempre nuovi e perfettamente appuntiti: insomma, meglio risparmiare su altro se proprio si deve. Diverso il discorso che va fatto per la pastura, che di solito consiste in un sacchetto di rete pieno di sardine a pezzi o tritate in modo grossolano. Ebbene, la pastura ha sicuramente un forte effetto di richiamo nei confronti delle prede che ci interessano, saraghi e tanute per prime, e anche dentici (che nuotano eccome in queste acque, assieme a corvine e grossi tordi), ma allo stesso modo può far arrivare sotto la nostra barca branchi fitti di boghe, menole e castagnole rosse. Queste specie possono disturbarci tanto da farci decidere di alzare l’ancora alla ricerca di un’altra zona, affamate come sono di qualsiasi cosa commestibile possa trovarsi a mezz’acqua. La stessa “fame atavica” può attirare sulle nostre insidie sugarelli e lanzardi ma la loro stazza spesso è fonte di ore e ore di notevole divertimento. I calamenti da dedicare alle prede pregiate delle belle “cadute di Arma di Taggia” non sono le solite del bolentino costiero, con tre ami legati su braccioli da 15-20 centimetri. Se è vero che con queste parature è sempre possibile allamare un pesce “poco attento”, è vero anche che la tecnica alla fine ripaga chi la mette in pratica con un po’ d’accortezza; per questo i terminali più usati sono realizzati con due o tre ami ma legati su finali più lunghi, per intenderci tra 40 e 75 centimetri. In questo modo le esche sono meno soggette alle trazioni della lenza madre e, in definitiva, si presentano ai pesci in modo più naturale. Inoltre, ogni terminale viene realizzato separando il piombo dallo snodo del primo bracciolo con un segmento di trave abbastanza lungo (80 centimetri o un metro).
Alternative di pesca in verticale
Per la fine dell’itinerario di pesca nelle acque davanti ad Arma di Taggia e Sanremo, ecco uno spazio tutto dedicato alla “tecnica verticale” di cui tanto si è parlato in questi ultimi mesi. Infatti, le potenzialità del pianoro roccioso sommerso da questo tratto di mare possono essere sfruttate anche con gli artificiali metallici. Praticando un vertical “classico”, potremo allamare dentici di discreta taglia e, se siamo fortunati, anche ricciole. Impresa più difficile con le palamite che, ci è stato detto da amici pescatori abituali di queste acque, non mostrano spesso i loro denti nella zona. Qualche chance in più per loro si ha in autunno, ma la cosa non ha niente a che vedere con i tombarelli che animano le battute di molti tra fine giugno e novembre. Spazio quindi ai tentativi, anche perché tutta la “penisola sommersa” (nome che le abbiamo dato solo per rendere meglio l’idea) sembra essere stata ancora poco esplorata per mezzo degli artificiali metallici e dei loro fianchi lucenti.
La pesca a kabura nel mare di Sanremo
Tra le esche da vertical che si sono viste per ultime sul mercato italiano, ci sono quelle da kabura, nome che è stato dato loro per riprendere quello di una tecnica tradizionale giapponese in cui erano “protagoniste”. Ovviamente, sono diverse le case produttrici che ne hanno in catalogo uno o due modelli e c’è da scommettere che altri si vedranno nel giro di poco tempo. Comunque, possiamo dire che un’esca finta di tipo kabura non è altro che una zavorra colorata, dalla forma più o meno tonda, alla quale sono collegati l’assist hook (a uno o due ami) e un “gonnellino” di filamenti in gomma o plastica iridescente. A quest’ultimo spetta il compito di far sembrare viva l’esca anche nei suoi piccoli movimenti, imitando una miriade di corti tentacoli. Per manovrare i kabura scegliamo ancora canne ad azione di punta ma più corte delle precedenti.
Trucco di pesca con i kabura
Anche se ad alcuni “puristi” questo non piace… un trucco per aumentare le catture è di innescare gli ami del kabura con un gambero (intero o polpa) o un calamaro. C’è chi innnesca addirittura una seppia intera!
Per quanto riguarda la canna, comunque, non servono attrezzi da vertical jigging in senso stretto, perché troppo rigidi, ma piuttosto canne da tecnica light, generalmente lunghe tra 2 e 2,7 metri. Se cercate una buona canna prendete una Tuna Strike, che trovate proprio su Pesca Fishing Shop!
Il mulinello sarà un 5.000, caricato con multifibra 0,18-0,22 millimetri. In definitiva vogliamo dirvi che questi particolari artificiali nipponici, a Sanremo, hanno catturato capponi (del tutto simili a grossi scorfani) e anche tanute. Adesso tocca a voi!
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