Consigli: imparare a pescare in mare da barca – Pesca Fishing Shop
Imparare e iniziare a pescare è meno complicato di quello che possa sembrare, specie se questo viene fatto partendo nel modo giusto. Ecco consigli utili per imparare a pescare in mare dalla barca con le principali tecniche in uso, quali: bolentino, traina, palamito, spinning, live kab, inchiku e pesca in verticale
In questo articolo pagine facciamo un discorso molto ampio, valutando le differenze fra le tecniche, sempre con un occhio attento alle attrezzature ed alle esche che servono.
Già, perché se le specie che si possono insidiare in mare sono tante, le tecniche con le quali tentare il loro appetito possono essere anche di più.
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Per fare i nomi delle principali citiamo la pesca a traina, il bolentino, il bolentino, la pesca ai cefalopodi, il vertical jigging e lo spinning. Per chi è già esperto queste pagine saranno solo “un ripasso” mentre per tanti novizi saranno davvero importanti.
Dalle lenze a mano alle canne
Per praticare la pesca dalla barca non è detto che si debba far ricorso a costosi mulinelli e a canne in carbonio alto modulo: ci sono tecniche come il bolentino a mano, la correntino ed il palamito che fanno della lenza a mano il loro punto di partenza fondamentale. Iniziamo parlando del palamito. Si tratta di un sistema di pesca fisso, costituito da un lungo filo, il “trave”, sul quale sono montate diverse decine di ami, su braccioli la cui lunghezza può variare tra il metro ed i quattro, distanti da cinque a venti metri. Le indicazioni di massima non possono proprio essere più precise, in quanto un palamito può essere usato tanto per prendere mormore del peso di pochi etti, quanto per tentare la cattura di naselli e cernie a grandi profondità. Approfondiremo fra poco la conoscenza di un classico palamito da pesca costiera, ci basti sapere però che ogni palamito ha, alle proprie estremità, due pesi, ciascuno dei quali è collegato a una cima (detta “caluma”). È bene sapere che questo lungo filo potrà essere armato con un numero massimo di 200 ami.
C’è palamito e palamito
Per chi è alle prime armi è consigliabile acquistare una piccola cesta da palamito per realizzare un primo modello da 50 o 100 ami al massimo. Per la pesca costiera solitamente si impiega una lenza madre in nylon da un millimetro e braccioli, connessi tramite nodo a sette spire, fatti con filo trasparente nell’ordine dello 0,35. La lunghezza del bracciolo dovrà essere di un paio di metri mentre la distanza da lasciare tra un bracciolo e il successivo dovrà essere di 14 metri circa, dieci “bracciate” per dirla in modo più pratico. Le esche più usate sono il bibi di pescheria, la sardina a tocchetti e i cefalopodi. Gli ami andranno da un numero 6 a un 1, solitamente in acciaio a gambo lungo. Tra le catture più ambite, secondo la profondità ed il tipo di fondale, rientreranno orate, saraghi, gallinelle, pagelli. La giusta sequenza per mettere in pesca un palamito è quella di calare il primo peso e fissare la bandierina. Quindi si aggancia alla caluma un moschettone abbastanza pesante a cui sarà collegato il capo del nostro palamito. Il capo del palamito sarà naturalmente portato verso il fondo, nel frattempo noi procederemo con motore al minimo (o a remi, per chi usa piccoli gozzi o lance) lasciando che lenza e inneschi vadano in acqua, guidando la fuoriuscita del filo con la massima attenzione. Un consiglio pratico importante durante la fase di calata è quello ci mettere la cesta in posizione bassa sull’acqua, in modo che non possa cadere. Se questo succedesse sarebbe un bel pasticcio: non tanto economico poiché un palamito di una cinquantina di ami (cesta esclusa) può costare una trentina di euro quanto di perdita di tempo e impossibilità di pescare. Un palamito di questo tipo può essere calato sia di giorno sia durante la notte ma nelle ore di buio sarà indiscutibilmente meno soggetto agli attacchi della minutaglia.
Imparare a pescare a traina
Un’altra tecnica di pesca dalla barca che riscuote grande successo, specialmente in estate e nei primi mesi d’autunno, è la traina.
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La fortuna di questo modo di pescare è che il movimento dell’esca rende più semplice tornare a terra “non a mani vuote”. Ovviamente, come in tutti i modi di pescare, chi ha esperienza e buone attrezzature fa la differenza; per iniziare tuttavia anche un “quadrello” di sughero ed una filosa possono essere sufficienti.
Tombarelli, lampughe, tonnetti
Siccome questo articolo è dedicato a chi si avvicina alla pesca, ci concentreremo soprattutto su quella specifica tecnica della traina che è più praticata dai neofiti, ovvero la traina di superficie costiera. Il principio base di questa pesca sta nel calare dietro la barca in movimento, nella scia dei motori una o più lenze armate con esche artificiali, trainandole in superficie a velocità moderate (tra i 3-4 nodi delle esche più piccole ai 10 di kona e piume a testa piombata). Per quanto possibile cercheremo di distanziare lateralmente le lenze. Le prede che possono abboccare vanno dal tombarello (al quale un grande articolo è dedicato a partire da pagina 64) alla colorata lampuga, passando per lanzardi, palamite, tonnetti, barracuda, pesci serra, aguglie, occhiate. Come anticipato, per avvicinarsi alla traina anche una coppia di quadrelli in sughero (o in EVA) avvolti con una cinquantina di metri di monofilo di diametro 0,60 possono andare. A questa lenza madre collegheremo una girella e quindi uno spezzone di nylon trasparente (il terminale) che porterà l’esca artificiale. Secondo l’esca artificiale usata ed i pesci che vorremo catturare, sceglieremo lo spessore del terminale: potremo andare da uno 0,20-0,22 per la pesca delle occhiate, usando come esca un piccolo cucchiaino ondulante, per arrivare fino ad uno 0,50 per la pesca sulle mangianze di alletterati. Con questi pesci però un paio di guantini aderenti in tessuto non saranno di troppo, per proteggere le nostre mani da tagli e bruciature (per lo scorrere del filo).
Ridurre i garbugli
Al fine di pescare bene sarà essenziale che le lenze che mettiamo in pesca trainino senza ingarbugliarsi fra loro. Per questo è bene mantenerle l’una su un lato della barca e l’altra vicino alla murata opposta. Se si parla di lenze a mano dovremo per forza di cose tenerle strette nelle mani, oppure di fissarle al bordo con un resistente elastico facendo attenzione a che, in caso di rottura dello stesso, la bobina non possa essere trascinata in acqua. Ovviamente l’utilizzo di canne apposite aiuterà a distanziare ulteriormente le lenze. Per ridurre il rischio di garbugli comunque è bene calare gli artificiali a distanza diverse e fare in modo che una delle due lenze (almeno due) peschi a profondità maggiore. Per farlo possiamo impiegare un particolare tipo d’esca, per esempio un minnow super affondante, oppure dotare una delle lenze di un grosso piombo (i più indicati sono quelli a tortiglione o a siluro), o ancora montare un affondatore idrodinamico.
Un alettone sott’acqua
L’affondatore idrodinamico è un oggetto in plastica con due agganci per la lenza, uno per la madre e l’altro per il finale (che dovrà misurare almeno 10 metri). Una volta calato in acqua l’affondatore agirà come un alettone: spando inclinato, tirerà la lenza verso il basso. Gli affondatori idrodinamici possono avere diverse forme e prendere diversi nomi (il più noto è Stim), tuttavia questo è il loro scopo. Un piccolo difetto degli affondatori idrodinamici è quello di non poter essere smontati dalla lenza madre (salvo appositi sistemi auto costruiti) e di necessitare quindi del recupero a mano degli ultimi metri di lenza anche se l’affondatore è stato montato su una canna. Al fine di scongiurare il rischio di garbugli fra lenze è bene anche timonare la barca con attenzione, compiendo sempre virate ampie. Qualora si calassero più di due lenze è sempre meglio iniziare da quelle centrali, o più affondate, per passare poi a quelle più esterne. Ricordiamoci di procedere sempre lungo una rotta rettilinea quando caliamo una lenza.
Imparare la pesca a bolentino
La disciplina del bolentino dalla barca affascina migliaia di pescatori che vedono in questa tecnica uno strumento semplice per riuscire a portare a casa qualche preda da mettere in forno senza dover per forza ricorrere ad impegnativi palamiti o alla pesca a traina affondata. Se è vero che il bolentino rappresenta una delle tecniche più antiche e rodate dell‘universo della pesca in mare, è altrettanto vero che negli ultimi dieci-quindici anni questa tecnica è stata oggetto di miglioramenti tecnici importanti, sia per quanto concerne le attrezzature impiegate sia per ciò che riguarda la costruzione delle lenze terminali. In queste poche pagine dedicate al bolentino vorrei far capire a tutti i lettori che questa tecnica, se praticata con le giuste nozioni, può dare delle grandi soddisfazioni.
Attrezzature per bei pesci
Come molti sanno, gli strumenti che possono essere impiegati per la pesca a bolentino sono davvero molteplici. Il luogo comune impone che, per la pescata a bolentino, basti una canna lunga anche soltanto un paio di metri che monti una vetta sensibile… il tutto associato ad un mulinello qualsiasi. Errore! L’attrezzatura è di fondamentale importanza soprattutto quando si parla di bolentino. Una canna specificatamente costruita per questa tecnica ci permetterà di impugnare uno strumento rigido lungo tutta la lunghezza del fusto, ma sensibile in punta. Queste caratteristiche ci permetteranno di ferrare le nostre prede con prontezza e di gestirne molto meglio il recupero, riducendo il rischio che si slamino o strappino il terminale. Un vettino ad innesto, molto morbido, ci fornirà la giusta sensibilità consentendoci di percepire in ogni momento di ciò che sta accadendo alle nostre esche. Una lunghezza della canna troppo limitata rappresenterà un handicap ogni qualvolta ci troveremo nella necessità di pescare con una montatura più lunga della canna stessa o comunque che presenti tre braccioli di lunghezza considerevole. Detto ciò vediamo quindi di elencare sinteticamente le caratteristiche che dovrà avere la nostra attrezzatura…
La canna
La lunghezza dovrà essere compresa tra 3,5 e 5 metri, con una preferenza per quelle più lunghe che di solito hanno un blocco teleregolabile montato sul secondo pezzo, che permette di accorciare di un metro la canna qualora non usassimo lenze particolarmente lunghe o ci fosse vento. Il carbonio ad alto modulo le conferirà rigidità, potenza ma al tempo stesso quella giusta flessibilità progressiva durante le fasi di combattimento. Preferiamo le canne che montano anelli scorrifilo con “pietra” in SiC o in Alconite: materiali a superficie durissima che non si lasciano usurare dallo sfregamento né del monofilo né del multi fibra (un filo da bobina particolarmente sottile e rigido che conviene utilizzare quando si pesca a profondità superiori ai 50-60 metri). Mi permetto di consigliare, a chi vuole pescare al meglio, di preferire canne con il vettino a innesto. Scegliamo un attrezzo che ne abbia almeno due in dotazione, con una differente “azione”, vale a dire il modo in cui si piega, per meglio riuscire ad adattare la sensibilità della vetta alle nostre condizioni di pesca.
Il mulinello
Per fare un buon bolentino bisogna che il mulinello sia potente, che abbia una bobina voluminosa, un buon rapporto di recupero e che permetta di calibrare alla perfezione lo slittamento della frizione sotto sforzo. Ricordiamoci che quando si pesca a bolentino, spesso ci si trova a dover calare le nostre lenze a profondità considerevoli, pertanto un rapporto di recupero veloce e una grossa bobina ci aiuteranno a risalire velocemente. Tutte queste caratteristiche spesso sono comuni a grandi mulinelli che spesso sono pubblicizzati come attrezzi per la pesca a fondo da riva, a surf casting, ma che sono ottimi per il bolentino. Le misure da scegliere solitamente variano dalla 6.000 alla 10.000 in funzione della casa produttrice.
Lenze e terminali
L’argomento “terminali da bolentino” sarebbe vastissimo da trattare ma essendo questo un articolo di “scuola di pesca” ci soffermeremo soprattutto sul modo con il quale queste lenze sono realizzate, ovvero con un trave di lenza in nylon trasparente posto in verticale e due o tre braccioli posti a bandiera e collegati con uno snodo, che potrà essere una girella o una perlina biforo, fermato, sopra e sotto, da perline incollate. Gli snodi garantiranno il corretto ‘’scaricamento’’ degli accumuli di tensione generati durante le fasi di discesa e risalita dal fondo. I terminali (che qualcuno chiama “calamenti” o, genericamente, lenze) varieranno di molto in relazione alla specie di pesce che vogliamo prendere e al fondale su cui ci troviamo a pescare. Un terminale dotato di tre braccioli lunghi 20 centimetri è una classica soluzione per il bolentino costiero, ideale per catturare perchie e sciarrani. Tuttavia, se miriamo a qualche cattura di taglia un terminale sempre a tre braccioli ma con lunghezza 40-60 centimetri risulterà essere migliore, in particolare per la cattura di pagri, pagelli, tanute. Un consiglio particolare per mirare ai pagelli è quello di impiegare una lenza che presenti un “amo pescatore”, vale a dire un bracciolo che, durante la fase di pesca, si disponga in modo da essere appoggiato completamente sul fondale.
Ami e fili
Per la costruzione di travi (ricordandoci che parliamo sempre di bolentino costiero) sceglieremo del nylon di diametro compreso tra lo 0,23 e lo 0,33 mentre per la costruzione dei braccioli i diametri oscilleranno tra uno 0,20 e uno 0,28 in funzione di profondità, taglia del pesce presente in zona e condizioni di luce. Se il trave sarà costituito da un semplice nylon, per la costruzione dei braccioli dovremo preferire l’impiego di fluorocarbon. La misura degli ami impiegati nel bolentino varia in funzione di esca e taglia dei pesci insidiabili. Le numerazioni più adatte ai nostri scopi saranno il numero 5-6-7(per filetti di calamaro e vermi) 8-9-10 (per sardina e gambero a tocchetti). L’amo dovrà essere robusto, a gambo medio e con la punta molto acuminata, come il 187N Akura Trabucco che usa il sottoscritto nelle proprie battute di pesca. La piombatura dovrà essere scelta in funzione di profondità e corrente. Solitamente piombi da 50-70 grammi saranno sufficienti.
La pesca a bolentino col sabiki
Una particolare specie di bolentino poi è quella che si può mettere in pratica con i terminali di tipo sabiki. Si tratta di terminali pronti all’uso che montano 5,6 o più braccioli corti, con ami guarniti con una piumetta o materiale iridescente. Questi terminali sono particolarmente efficaci per la cattura di pesci di branco che stanno nelle fasce intermedie della “colonna d’acqua”, come i sugarelli e gli sgombri.
Imparare la pesca in verticale in mare con le esche artificiali
Negli ultimi anni moltissimi pescatori si sono avvicinati alle tecniche di pesca in verticale con gli artificiali. Fra le varie tecniche da prendere in considerazione ricordiamo il “capostipite” vertical jigging, e poi l’inchiku e il kabura, la pesca con i siliconici e il tenya. Tutte queste tecniche , seppure con delle naturali differenze, si basano sull’attrazione di un’esca che si muove sopra il fondo: scappando veloce (è il caso del vertical), oppure muovendosi sinuosa (è il caso dell’inchiku). La pesca in verticale comunque ha dalla sua parte il fatto di essere una pesca “ready to go”, pronta ad essere messa in pratica. Non c’è bisogno di costruire troppe montature a casa e non vi è la necessità di reperire esca fresca o pastura. Adesso però vediamo di saperne di più sul vertical jigging.
VJ: il “capostipite”
Recuperare a scatti forsennati un’esca in lega di piombo, aspettando che un’abboccata decisa arrivi a piegare la canna. Questo è il condensato di ciò che, anche in mediterraneo vuol dire vertical jigging, nome che spesso gli appassionati abbreviano in vj. Su Pesca dalla barca avremo modo di approfondirne gli aspetti più tecnici ma adesso, partiamo dalle basi. Sono necessari attrezzi studiati per questa tecnica, ovvero canne lunghe da 1,6 a 2,1 metri e mulinelli super resistenti, a bobina fissa o rotante secondo i gusti dei pescatori. Solo per il light jogging la canna potrà essere più lunga, arrivando anche a quattro metri, ma diventando così anche più facile soggetto a una rottura. Se dobbiamo acquistare la nostra prima attrezzatura da vertical jigging prepariamoci a non spendere poco: la lenza a mano da traina è tutta un’altra cosa. Nella pesca a vertical jigging la sola azione di pesca, il cosiddetto “jerking” richiede lenza in multi fibra e canna da pesca. Questo abbinamento poi non può esistere (e durare a lungo) se non è supportato da anelli scorrifilo di qualità (in SiC o almeno in Alconite). Contiamo quindi da 60 euro in su per la canna (facilmente 150 euro) e un’altra trentina per una buona lenza di bobina. Il mulinello dovrà avere una meccanica estremamente affidabile e una frizione capace di sopportare almeno nove chili. Per questo aspettiamoci che ci servano almeno altri 100 euro. La pesca però è anche divertimento e sogno e quindi non soffermiamoci troppo sulle spese e pensiamo a cos’altro serve per ferrare qualche grossa preda. L’elenco prevede gli artificiali metallici, gli anellini e gli assist hook (ami legati su cordino) per il loro montaggio. Le esche artificiali più usate in mediterraneo sono quelle che vanno dai 40 ai 200 grammi.
Altre esche
Oltre ai jig metallici poi possono essere usate altre esche, che differenziano il modo di pescare e l’attrezzatura. Gli inchiku sono sorte di jig montati con un polpetto in gomma che nasconde due ami. Questa esca va manovrata con movimenti più lenti e può anche essere trascinata sui fondali sabbiosi (cosa che non si fa con i jig). Se le prede dei jig sono per lo più ricciole di branco, dentici e palamite. Le prede dell’inchiku sono prevalentemente pagelli, tracine, pagri e piccoli pesci di fondo. L’attrezzatura per la pesca a inchiku è mediamente più leggera rispetto a quella da vertical e il mulinello è molto più spesso a tamburo rotante, dato che non sono richiesti recuperi velocissimi. Pesca simile si pratica con le esche kabura, caratterizzate da una testa in lega di piombo seguita da un gonnellino (o skirt) e codine in gomma.
Consigli per imparare a pescare in mare da barca con le principali tecniche: bolentino, traina, palamito, spinning, light drifting, inchiku – PescaFishingShop.com
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