Travi da pesca a surfcasting: calamenti – Pesca Fishing Shop
Travi da pesca a surfcasting: evoluzione dei calamenti. Tipi di terminali e consigli per pescare da spiaggia: nylon, fluorocarbon, fluorine – PescaFishingShop.com
In questo articolo parliamo di tipi di terminali da pesca e differenze tra materiali come nylon, fluorocarbon e fluorine.
Partiamo dall'antico, che non è assolutamente detto che non possa essere ancora funzionale. Volendo riassumere le varianti possibili, potremmo raggrupparle in quattro fondamentali impostazioni, mediante le quali si possono coprire un po' tutte le situazioni cui si va incontro in spiaggia.
Long arm
Partiamo dalla premessa che l’efficacia di un bracciolo è proporzionale alla sua lunghezza, perché un bracciolo lungo svincola l'esca dal resto del complesso pescante, rendendo la presentazione più naturale.
Il "braccio lungo" (questa la traduzione) è dunque nato per essere impiegato in condizioni di mare calmo, quando l'esca deve risultare estremamente naturale, senza movimenti sospetti dovuti alla tensione della lenza, e al contempo l’assenza di corrente e moto ondoso permettono di osare un po' in termini di lunghezza del finale, senza il rischio di grovigli.
Braccioli dal metro e mezzo ai due metri sono quelli prediletti, collegati al trave con piombo scorrevole o fisso; spesso, per comodità, il trave non è altro che uno spezzone di circa 10 centimetri di lenza necessariamente molto spessa (non potendo godere dell'effetto elastico ammortizzante tipico di un segmento di nylon più lungo) o addirittura di acciaio, con uno snodo centrale cui collegare il finalone.
I due short: travi sempre efficaci!
Non sempre, tuttavia, è possibile concedersi il lusso di terminali con braccioli così lunghi, tenendo a mente la connotazione originaria del surfcasting, ovvero una pesca indicata per lo più nelle situazioni di mare in movimento.
In condizioni un po' turbolente, infatti, il long arm perderebbe del tutto la propria efficacia, risultando più che altro un problema, per via dei continui garbugli cui sarebbe soggetto.
Se siamo in spiaggia, e vediamo davanti a noi belle onde, interviene allora un altro trave, lo short arm ("braccio corto"): un corpo madre di circa 1-1,5 m, con un bracciolo sui 70-80 centimetri posizionato su uno snodo un prossimità del piombo. Il terminale, per aumentare la gittata, può essere corredato di bait clip alto, a cui agganciare l'amo in fase di lancio.
E questa è la prima possibilità alternativa al long arm.
Se il fondale però è particolarmente sporco, se c'è detrito vegetale depositato o se si pesca, ad esempio, nei pressi della posidonia, il bracciolo che struscia sul fondo, seppur abbastanza corto, può rappresentare un problema: esso infatti non sarebbe altro che un collettore di “sporcizia”, oppure rischerebbe l'incaglio.
Per tali occasioni risulta decisamente più idoneo il “gemello diverso”, lo short rovesciato: stesso corpo, stesso bracciolo, semplicemente collegato ad uno snodo posto al capo opposto, vicino all'estremità superiore.
Lo short rovesciato risulta ancor più efficace del classico nell'abbinamento con bait clip (gancio ferma-esca), in quanto quest’ultimo si posiziona in prossimità della zavorra, risultando poi con l'esca che in fase di volo rimane nella scia del piombo, producendo un attrito davvero minimo, particolarmente indicato quando l'innesco è voluminoso ed è necessario lanciarlo lontano.
Pater noster
Addirittura talvolta pare che quei 70-80 centimetri siano troppi e si possa pescare comodamente con finali ancora più corti.
Ci stiamo riferendo alle condizioni di turbolenza importante, di scaduta appena iniziata o addirittura di mare che monta.
In quei casi non c'è da pensare tanto a come l'esca vada presentata, tanto ci pensano le onde a farla muovere senza troppi problemi, pur se innescata su amo connesso a finale estremamente corto, anche dai 30 ai 50 centimetri.
Se si intende utilizzare braccioli così corti, in un trave della stessa lunghezza di quelli destinati agli short se ne possono inserire anche due, sempre, viste le condizioni, posizionati alti sul trave, ossia senza amo pescatore, per capirci.
Questo è il concetto alla base del pater noster, un trave davvero mitico del surf “puro e duro”, indicato soprattutto per la pesca al sarago nel pieno delle frangenze, spesso abbinato all'utilizzo di piombi ad alta tenuta, come sfere, coni, piramidi o spike, coi quali è ancor più importate che i braccioli non siano vicini all'aggancio per il piombo, per evitare che si ingarbuglino tra le marre.
I travi da pesca a surfcasting di oggi
Chiariamo subito: ci sono ottimi angler che i travi appena visti li utilizzano con successo anche oggi.
Quello che vi sto per proporre non è qualcosa che vada del tutto a sostituire definitivamente le vecchie montature; vorrei piuttosto stimolare la mente riguardo le possibilità di razionalizzare la componentistica, in questo caso i travi, e rendere il nostro surfcasting pulito e moderno.
Travi tuttofare
Senza andare agli eccessi di lunghezza del long arm, si può comunque pensare di inserire in un trave lungo un metro e mezzo, dunque dall'ingombro simile a quello indicato per gli short, un paio di braccioli da 100-120 centimetri, collegati a snodi posti alle due estremità del terminale, che hanno comunque una lunghezza importante e che, in condizioni di mare calmo o di media turbolenza, permettono un'ottima presentazione delle esche, col vantaggio di poterne avere in acqua due ravvicinate.
Non c'è praticamente pesce che non venga tratto in inganno da un trave del genere!
Divertendoci ad inserire e alternare varie soluzioni flottanti, a far girare inneschi differenziati, eccetera, potremo spaziare nella ricerca di una vasta quantità di specie.
Finché i due braccioli di cui sopra reggono il mare, questa risulterà senza dubbio la soluzione migliore, quando però onde, correnti e/o risopensione iniziano a mettere in crisi due finali così lunghi di cui per di più uno pescatore, è il momento di pensare a qualcosa di alternativo.
Tutto semplice, basta sfoderare un trave della stessa lunghezza, ma con braccioli lunghi la metà, 50-60 centimetri, non più collegati ai due estremi, ma uno a centro trave e l'altro al capo alto: in questa maniera avremo una sorta di pater noster con finali solo appena più lunghi dei classici, ma assolutamente idoneo alla pesca fino a mare al limite dell'affrontabile, grazie anche ai braccioli che lavorano lontani dal piombo.
Per avere le due soluzioni appena presentate, si può pensare di costruire un tot di travi con gli snodi inseriti in un modo e un tot nell'altro, ma anche, e questo farebbe diminuire ancora il numero di lenze da prepararci, adottare snodi scorrevoli, ottenuti per mezzo di stopper o di nodini di stop, che sotto una certa trazione possano scorrere e quindi permettere di posizionare lo snodo stesso a piacimento lungo il corpo del terminale.
I finali da abbinare: poche semplici alternative
Focalizzandoci sui finali da utilizzare, anche in questo caso si possono ottimizzare i nostri sforzi a casa, nel momento di prepararli ed avere poche semplici alternative in spiaggia, cosa che ci permette, oltretutto, di fare meno confusione e pescare con maggior convinzione.
Ricordandosi di non essere in ambito agonistico, dunque senza scendere in estremismi in termini di diametri ed ami abbinati, e lasciando per adesso da parte pesche molto specifiche, tipo quella del serra, tre alternative sono più che sufficienti per coprire quasi tutte le possibilità. Preparerei allora un po' di braccioli dello 0,22 con ami dell'8, indicati per la pesca alle mormore o ad altre specie di taglia medio-piccola, da insidiare principalmente a mare calmo; poi alcuni braccioli di diametro medio, tipo 0,28, con cui legare ami del 4, per una pesca già più selettiva, rivolta ad esempio ad orate di buona taglia, ombrine, spigolotte eccetera; come soluzione più strong finali dello 0,35 con ami 1/0, per inneschi belli corposi tipo sardine, calamaretti e quant'altro utile per pescare spigole di taglia, gronghi e altri big del surf mediterraneo.
Vuoi semplificare ancora di più? Leggi il seguito!
Non è finita qui. Volendo ulteriormente andare alla ricerca di un terminale “tuttofare”, si può pensare ad un trave di due metri, quindi più lungo di quelli visti sinora, con due snodi, uno al centro ed uno nei pressi di una delle due estremità.
Ulteriore accorgimento tecnico sarà quello di costruire i due capi con due soluzioni che permettano la ribaltabilità del trave stesso: ottimo espediente l'adozione di due robuste girelle, che oltretutto agevolano lo scarico delle torsioni.
La possibilità di ribaltare il trave (semplicemente sopostando il moschettone da una girella all'altra) fa sì che a nostro piacimento, o meglio a seconda delle condizioni, si possa pescare coi due braccioli "bassi", ossia con gli snodi centrale e vicino al piombo, oppure coi due braccioli "alti", ossia con gli snodi centrale e all'estremo opposto alla zavorra.
I finali che possono essere inseriti sono lunghi circa 80 centimetri, una lunghezza che potremmo categorizzare come media oppure medio-corta, ma che a personale parere è sufficiente al tempo stesso per resistere ad un ampio spettro di livelli di turbolenza e per essere catturante in tutte le condizioni nei confronti della maggior parte delle prede del surf.
Certo c'è da rinunciare un po' alla "morbidezza" del bracciolo da metro e mezzo, ma per la praticità bisogna scendere al compromesso, questione di scelte. Per quanto riguarda la resistenza al moto del mare, più che agire sulla lunghezza interverremo sul diametro dei finali.
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