Spinning al luccio pescando da terra
Pesca a spinning al luccio da terra: spot lungo le sponde, canne da luccio, mulinelli da spinning, esche artificiali e trucchi di pesca
La pesca al luccio a spinning è, per molti, una vera è propria malattia. Che si tratti di cercarlo in lago, in fiume, dalla barca o da riva, la ricerca di questo meraviglioso predatore è in grado di far desistere anche i più tenaci. Per quanto ci si possa sforzare, capire le sue abitudini, i momenti di attività e riuscire a prevederli con successo sembra essere più un compito da cartomante che da pescatore. Tolte le dimensioni ragguardevoli che può raggiungere, è sicuramente il suo “carattere” a renderlo uno dei predatori più ambiti delle nostre acque, e per chi dedica la maggior parte delle proprie uscite e del proprio tempo libero a “Sua Maestà”, diventa una sfida di resistenza che alla lunga può logorare. Come ormai ben sappiamo, le specie di luccio presenti sul nostro territorio sono due, ibridi annessi. Luccio italico (Esox FlaviaeflaviaeEsox FlaviaeEsox FlaviaeEsox Flaviae) e luccio europeo (Esox luciusEsox Lucius) condividono spesso gli stessi ambienti, soprattutto nel nord-Italia, e trovare laghi e fiumi dove la presenza della nostra specie autoctona sia “esclusiva” è sempre più difficile. L’ibridazione purtroppo è un problema grave, che mina la salvaguardia del patrimonio genetico del luccio Italico e quindi il futuro della specie. Se già la pesca al nostro amato esocide non è delle più semplici, quando si decide di insidiare nello specifico il luccio italico, pescando esclusivamente da riva, la cosa si complica ulteriormente. Molti potrebbero obiettare sul fatto che sia indifferente prendere un luccio Italico o uno Europeo, ma se la pesca è fatta di sfide, cercare nello specifico il più raro e il più bello dei due è indubbiamente una gran bella sfida.
Lo spot di pesca al luccio da terra
Per prima cosa è necessario individuare lo spot, cosa che non sempre risulta essere facile. C’è chi ha la fortuna di vivere a poca distanza sia da laghi che da corsi d’acqua con una buona presenza di lucci,e chi invece è costretto a macinare chilometri. Pescando dalla riva non potremo contare sull’ausilio dell’ecoscandaglio che, per chi pesca dalla barca, è uno strumento fondamentale, ma dovremo affidarci alla nostra esperienza e a un buon spirito d’osservazione. Arrivati sullo spot, sarà di vitale importanza fare una breve perlustrazione e osservare attentamente le varie tipologie di ambienti presenti, il possibile tipo e dimensione del foraggio, presenza o meno di immissari, ostacoli sommersi, eccetera. Chiaramente tutto ciò sarà più o meno possibile a seconda anche dell’estensione e dell’accessibilità del luogo scelto. Altro tassello essenziale nella “lettura” dell’ambiente è capire in che modo digrada il fondale, almeno nei pressi delle sponde, in modo da poter scegliere con senno il tipo di esca e l’approccio migliore.
L’attrezzatura da pesca per lo spinning al luccio da terra
Attrezzatura ed esche pescando dalla sponda sono fondamentali. Nel caso di laghi, o fiumi, con un fondale molto ripido non avremo bisogno di sondare molta acqua, poiché nella maggior parte dei casi il luccio tenderà a stazionare e a cacciare nell’immediato sotto-sponda; al contrario in laghi con un fondale poco profondo o che comunque scende dolcemente bisognerà cercare di battere più acqua possibile. Questa piccola premessa è legata sostanzialmente alla lunghezza della canna da spinning, alla tipologia di mulinello e in parte anche al rapporto peso-lunghezza dell’esca. Per quanto riguarda la canna da pesca l’ideale saranno attrezzi con una lunghezza compresa tra i 2.10 e i 2.40 (7-8 piedi circa) abbinati di norma ad un buon mulinello taglia 4000. La lunghezza della canna influenza notevolmente la portata di lancio, dunque canne sui 2.40 m saranno da preferire soprattutto in luoghi dove sondare molta acqua, anche distanti dalla sponda, per aumentare le nostre possibilità di cattura. Molti pescatori di lucci prediligono il casting che, con alcune tipologie di esche, consente senza ombra di dubbio una maggiore sensibilità e manovrabilità; l’importante però sarà sempre pescare con attrezzi adeguati e proporzionati ai pesci che cerchiamo di insidiare. Pescando da terra il peso delle esche che andremo a lanciare difficilmente supererà i 100 g, dunque canne con una potenza di lancio tra i 50 e 110 g (2-4 once) saranno più che sufficienti al nostro scopo. Come lenza madre, un trecciato di qualità sarà d’obbligo come lo sarà anche un cavetto come terminale. La treccia ci permetterà di salpare in tempi rapidi il pesce in caso di cattura e in secondo luogo di salvare molto spesso le nostre preziosissime esche da incagli rovinosi. Un trecciato di diametro compreso tra 0.28 e 0.36 mm assolverà senza problemi al compito, consentendoci di coprire comunque lunghe distanze.
Il cavetto
Nella pesca al luccio, l’utilizzo di un terminale che non vada a ledersi con gli affilatissimi denti del predatore è di vitale importanza. Tale accorgimento ci permetterà inoltre di non perdere le nostre preziosissime (e spesso carissime) esche e, cosa più importante, eviterà al pesce inutili sofferenze. Vi sono diverse tipologie di cavetti disponibili sul mercato, dai più classici in acciaio, a quelli in titanio fino a quelli di più recente introduzione in fluorocarbon; andiamo ora a vedere qualche specifica tecnica.
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Cavetto in acciaio: è la soluzione più comune e reperibile sul mercato. Il suo utilizzo è adatto alla maggior parte delle esche da luccio, anche a quelle di dimensioni ridotte; sconsigliato invece nel caso si utilizzino i jerk, poiché essendo morbido son garantisce un movimento ideale dello stesso. Nella scelta di un cavetto pronto all’uso, è essenziale controllare la tenuta in kg e soprattutto la qualità di girelle e moschettoni, sui quali si concentrerà la maggior parte dello sforzo.
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Cavetto in titanio: questa soluzione, simile alla precedente, se ne differenzia soprattutto per la maggior resistenza al taglio a parità di diametro. Questi cavetti, di norma più cari rispetto a quelli in acciaio, sono caratterizzati da una notevole resistenza pur mantenendo una buona morbidezza e un diametro ridotto. Come per quelli in acciaio, il loro utilizzo è idoneo a qualsiasi tipologia di esche meno che ai Jerk.
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Cavetto in fluorocarbon: negli ultimi anni questi cavetti hanno riscosso un grande successo tra gli appassionati di pesca al luccio. Il cavetto consiste in uno spezzone di fluorocarbon di lunghezza variabile, di norma dai 30 ai 45 cm, e con un diametro intorno a 1 mm. Una delle caratteristiche che rendono questo terminale molto valido è la sua notevole resistenza all’abrasione e, non meno importante, la sua invisibilità in acqua, sicuramente maggiore rispetto ai classici cavetti in acciaio o titanio. Il diametro può oscillare a seconda dei gusti del pescatore, ma sarebbe bene non scendere sotto 1 mm. Proprio a causa del notevole spessore, questi cavetti si adattano meglio a esche voluminose e pesanti, poiché con esche come minnows medio-piccoli potrebbero alterarne il nuoto.
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Cavetto rigido da Jerk: la soluzione migliore per manovrare al meglio i grossi jerk da luccio e far sì che lavorino al meglio sono sicuramente i cavetti rigidi. Potremmo usare queste esche anche con altri terminali, ma potremmo incappare in noiosi incastri del cavetto sulle ancorette, vanificando così un buon lancio. Il cavetto rigido, oltre a trasmettere la jerkata in maniera ottimale, eviterà proprio che si creino spiacevoli garbugli.
Artificiali
Veniamo ora ad un argomento centrale per ogni “lucciaro” che rispetti, ovvero le esche. Tanto è vero che il nostro amato esocide, quando in caccia, butterebbe giù anche il pedale di una frizione a mo’ di ondulante,è altrettanto vero l’esatto opposto nei momenti di minore attività o di apatia più totale. Quante volte ci è capitato di veder pesci seguire i nostri inganni migliori fin sotto i piedi e magari restare lì fermi a fissarli, o magari dargli delle timide musate per poi dileguarsi. Sia che si parli di luccio italico che di europeo, la storia è sempre quella. Nella scelta delle esche da usare è fondamentale capire, o almeno intuire, quale possa essere il foraggio principale in quel determinato ambiente e la dimensione dello stesso più facilmente reperibile dal predatore. Negli ultimi anni, la misura delle esche da luccio sul mercato è aumentata in maniera esponenziale:vuoi per moda, vuoi per vendere o per la semplice soddisfazione di prendere un luccio con un’esca da 40 cm, il mercato è andato decisamente verso le “big lures” e con esso molti pescatori. Per esperienza, nella pesca del luccio italico, in particolare dalla sponda, esche “oversize” spesso non premiano quanto esche di dimensioni più ridotte e meno appariscenti. Bisogna considerare che, essendo un pesce autoctono, dove non introdotto in un secondo momento, il luccio nostrano ha uno stretto legame con il resto della fauna ittica, in particolare con le sue prede naturali. Il range di riferimento ideale per questo tipo di pesca va dai 10-18 cm per esche rigide ai 10-25 cm per le esche siliconiche. Ovviamente sono misure indicative, dettate dall’esperienza in determinati ambienti, con tutte le varianti del caso.Chi si avvicina alla pesca di questo fantastico predatore rimarrà ammaliato dalla quantità di esche che il mercato offre. Possiamo però fare dei raggruppamenti grossolani e vedere qualche caratteristica per capire cosa è meglio usare, dove e quando.
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Esche metalliche: in questa prima categoria troviamo sia degli “evergreen” della pesca al luccio, come grossi cucchiai rotanti e ondulanti, sia degli artificiali di più recente introduzione “prestati” dalla pesca al bass come gli spinnerbait e le chatterbait, altrettanto valide. Caratteristica comune a tutte queste esche è l’emissione di molte vibrazioni che conferiscono a queste un forte potere attrattivo sui predatori. Gli ondulanti saranno i più indicati per sondare molta acqua, specialmente nel caso di fondali bassi, mentre i rotanti, semplici o muniti di trailer più o meno voluminosi, si presteranno bene anche all’utilizzo in fondali più digradanti. Spinnerbait e chatterbait, oltre le tante vibrazioni, garantiranno una notevole diminuzione degli incagli; lo spinnerbait, infatti, dotato di amo singolo rivolto verso l’alto, per la sua particolare forma difficilmente cadrà vittima di rami e ostacoli vari. Le chatterbait invece possiedono una paletta alla quale di norma è collegato un jig, di peso variabile, con amo offset che consente il montaggio di un siliconico come trailer in modalità anti-incaglio.
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Esche rigide (hardbait) : raggruppamento che comprende una moltitudine di esche con i più disparati utilizzi. In linea generale, all’interno vi troviamo minnow, jerk, crank, lipless e swimbait. Partiamo dai classici minnow che da anni sono tra le esche più utilizzate nello spinning in generale. Questi artificiali, dotati di paletta, hanno forme e dimensioni molto variabili e di norma vengono recuperati in maniera lineare, alternando delle pause più o meno lunghe. Non dimentichiamoci che le pause spesso giocano un ruolo fondamentale nella cattura del luccio. I jerk sono ormai un’esca cardine della pesca dell’esocide e, soprattutto nel nord-Europa, condividono con i siliconici la quasi totalità del mercato ad esso dedicato. Questo tipo di artificiale, molto semplice all’apparenza, se animato nel modo corretto risulta veramente micidiale. La forma tipicamente a “goccia” più o meno allungata, e l’assenza di una paletta, delegano tutto il movimento al pescatore che dovrà animare l’inganno con dei colpi di cimino decisi, detti appunto “jerkate”. A seconda dello spot, potremo optare per jerk galleggianti, affondanti o suspending; inoltre, vista la loro particolare forma, godono di una eccezionale lanciabilità che ci aiuterà nel sondare tantissima acqua. I lipless derivano sostanzialmente dai minnow, dai quali si differenziano per l’assenza di paletta. Dalla forma di norma allungata, queste esche si prestano bene per presentazioni sotto il pelo dell’acqua o nei primi strati dove potranno essere recuperati sia in maniera lineare che animati da piccole jerkate per conferirgli un nuoto irregolare. Passiamo ora ai crank: se nell’immediato sotto sponda del nostro lago o fiume che sia, troviamo una colonna d’acqua difficile da sondare con altre esche, sicuramente la scelta migliore è proprio l’utilizzo di un crank. Con la loro paletta, decisamente oversize, sono in grado di scendere anche di diversi metri sotto la superficie e di stanare il predatore anche quando si nasconde in profondità. Possiedono spesso un nuoto abbastanza frenetico sul proprio asse orizzontale, e molti modelli sono dotati di piccole sfere al loro interno che emettono una notevole quantità di vibrazioni. Ultime, ma non certo per importanza, troviamo le swimbait. La loro caratteristica principale è racchiusa nel nome stesso, infatti è proprio il loro nuoto (swim in inglese) a colpire pescatori (e ovviamente pesci) che le vedono per la prima volta. La forma spesso richiama, in maniera più o meno realistica, quella di un pesce e grazie a degli snodi queste esche possiedono un movimento estremamente realistico e adescante. La paletta può esserci o meno e il recupero di solito è lineare, inframezzato da delle pause. Possiamo citare ancora le esche di superficie, o topwater, particolarmente efficaci nei mesi più caldi o con pesce molto attivo. Questi artificiali svolgono la loro funzione sulla superficie dell’acqua andando ad imitare un pesce agonizzante sul pelo dell’acqua o, più spesso, un anfibio come ad esempio le rane, molto apprezzate dai lucci.
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Esche siliconiche (softbait): con questa categoria concludiamo la carrellata generale sulle principali esche da luccio, con un occhio di riguardo per quelle più utili a chi pesca dalla sponda. Le forme, i colori e le dimensioni delle esche siliconiche sono in continua evoluzione e presentano moltissime vie di mezzo tra le stesse. Il corpo è in genere allungato e il carattere identificativo dell’artificiale è dato dalla parte terminale, la coda. Quest’ultima potrà essere a falce, appiattita o dritta, restringendosi in maniera graduale. Nel primo caso il movimento complessivo sarà molto sinuoso e, a seconda della lunghezza e dell’ampiezza della coda, più o meno ampio. Nel secondo caso avremo delle esche dette shad, che grazie alla coda piatta avranno un nuoto scodinzolante. Nel terzo ed ultimo caso, meno comune rispetto ai primi due, l’esca prenderà il nome di softjerkbait. La coda, essendo quasi filiforme, non conferisce direttamente il movimento all’esca, ma sarà il pescatore a doverla animare con delle jerkate. Ultima categoria sono le softswimbait che, come ci indica il nome stesso, altro non sono che delle swim-bait di gomma, quindi morbide. Le esche siliconiche in generale hanno rivoluzionato la pesca al luccio, sia da natante che da riva, offrendo una varietà di soluzione molto ampia, e grazie ai loro movimenti, spesso più naturali e meno meccanici, sono in grado di fare la differenza in momenti di apatia totale.
Concentriamoci su poche esche alla volta
Tutti questiartificiali sono estremamente validi, soprattutto se contestualizzatiall’ambiente in cui andremo a pescare. Il consiglio è sempre quello di portarsi un numero limitato di esche, conoscendo magari in precedenza le caratteristiche dello spot, e focalizzare la nostra attenzione su di esse. Cambiare esca continuamente può essere la soluzione vincente,a volte, ma è altrettanto vero che cambiando spesso artificiale si può finire per pescare male e poco convinti di quello che si sta utilizzando. Oltretutto in una pesca itinerante, com’è la pesca al luccio dalla sponda, portarsi dietro un assortimento completo di colori, forme, dimensioni e affondamento ci costerà fatica inutile.
I momenti
I periodi dell’anno migliori sono sicuramente quello tardo autunnale e quello primaverile,quest’ultimo corrispondente di norma con il post-frega. In questo momento dell’anno, gli esocidi saranno particolarmente voraci e più vicini alla riva, in cerca di foraggio,per riprendersi dal deperimento dovuto al periodo riproduttivo appena trascorso. Gli orari in cui insidiare il luccio son sempre difficili da capire, soprattutto nei periodi più freddi. Mentre d’estate la sera e il mattino presto saranno sicuramente momenti ideali, in autunno-inverno e ad inizio primavera il momento di attività sarà dettato soprattutto dalle condizioni meteo nell’arco della giornata, passando così in pochi istanti dalla totale apatia ad un’attività frenetica che può durare anche solo una manciata di minuti. L’esperienza e la perseveranza saranno la migliore soluzione al “cappotto”, capoche nel guardaroba del “lucciaro” è spesso presente! La pesca e la ricerca del luccio possono diventare un’ossessione e lo possono diventare ancor più quando si restringe l’obiettivo al solo luccio Italico. La livrea e i colori di questa “tigre” d’acqua dolce nostrana sono qualcosa di impareggiabile e di rara bellezza. Pensare che solo noi possiamo goderne dovrebbe spronarci a fare il possibile per cercare di tutelare questa specie che sempre più rischia di scomparire dai nostri corsi d’acqua e laghi.
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